B#SIDE 6
Il Limes e le Invasioni


IL LIMES E LE INVASIONI
Il Friuli Venezia Giulia, per la sua posizione geopolitica, ha sempre rivestito un ruolo di terra di passaggio, luogo prediletto d’incontro e spesso di scontro tra est e ovest del mondo. Ciò ha inevitabilmente portato a un fenomeno diffuso di invasioni, a partire dall’occupazione romana fino ad arrivare al XX secolo: nel corso della storia si sono avvicendati sul territorio Unni, Goti, Longobardi, Franchi, Turchi e Cosacchi, tutti popoli culturalmente differenti che hanno lasciato una traccia indelebile del loro passaggio. Pur riconoscendo una situazione di benessere nel caso di alcuni domini, non si può ignorare quanto il continuo susseguirsi di occupazioni abbia creato in molti casi condizioni di decadimento e profonda povertà, che in aggiunta al clima di instabilità politica hanno a lungo impedito la fioritura di questa regione ricca di potenziale. L’Europa ha considerato quest’area del Nord-Est come una cortina protettiva dalla minaccia orientale fino a pochi decenni fa, tant’è che negli anni del Muro di Berlino era stata addirittura preventivamente militarizzata.
Il periodo della guerra fredda è stato tuttavia l’ultimo in cui il Friuli Venezia Giulia ha ricoperto una posizione difensiva, infatti con lo scoppio della guerra dei Balcani è stata inaugurata una nuova epoca che l’ha visto come primo approdo per i fuggitivi e terra d’accoglienza. Nonostante oggi l’identità della regione sia dunque fondata principalmente sulla contaminazione culturale e sulla convivenza di gruppi etnici differenti, non è possibile cancellare le invasioni e il costante senso di pericolo da esse derivato, che ha caratterizzato la società per secoli.
B#Side War, da sempre attento ai lasciti delle esperienze belliche sul territorio, con questa esposizione mira a mettere in luce proprio l’aspetto storico del Friuli Venezia Giulia come limes, anche attraverso il confronto con altri territori nel mondo che hanno vissuto la stessa condizione di confine e le conseguenti invasioni. Nell’esposizione è possibile dunque vedere opere “site specific” realizzate da quattro artisti a seguito di una residenza sul territorio, ma anche altre provenienti da precedenti esposizioni curate da IoDeposito, che permettono di approfondire il tema osservandolo da altri punti di vista storici o geografici. Non bisogna infatti scordare che, anche se per le nuove generazioni queste possono sembrare esperienze rilegate nel passato, in realtà vi sono ancora moltissime persone che si ritrovano a vivere in simili contesti. È dunque compito del mondo dell’arte e della cultura fare da cassa di risonanza per tutte le comunità di confine, passate e presenti, in modo che la loro condizione non venga dimenticata.
Opere in mostra
minaccia dall’est
Alice Mestriner
Italia
Ahead Moslemi
Iran
TELEFONO VERDE
installazione
Come suggerisce il suo titolo, Invasion è un progetto che indaga il tema dell’identità e dell’invasione al giorno d’oggi, partendo da delle considerazioni sulla società islamica che tuttavia mirano a stimolare una riflessione sulla cultura globale. L’installazione ricrea l’ambiente di un interno domestico, dotato di tutti gli oggetti normalmente utilizzati nella vita quotidiana che tuttavia in questo caso sono foderati da un particolare tessuto verde: si tratta del così detto “verde islam”, che contestualizza dunque l’opera nella cultura islamica e in particolare in Iran, terra natale di Ahad Moslemi. I due artisti con quest’opera dal valore altamente simbolico materializzano quel processo subdolo e talvolta di difficile individuazione con cui la cultura generale di una nazione penetra nella sfera privata del singolo, cercando di comprenderne le dinamiche. Il tessuto verde, strettamente cucito attorno agli oggetti, indica l’impossibilità di ricavare nel proprio privato uno spazio personale e totalmente libero dai riferimenti culturali imposti dalla società in cui si vive, situazione che sempre più spesso genera rapporti conflittuali tra la cultura di massa e quegli individui che non si riconoscono nei valori da essa promulgati.
Max Boschini
Italia
SPIONI E SPIATI
fotografie
Spioni e Spiati è un progetto articolato in sei dittici di fotografie che indagano la complessa gestione della vita privata nella DDR, la Repubblica Democratica Tedesca meglio conosciuta come Germania Est. Ciascuna foto è composta da due sezioni: una verticale a sinistra che ritrae l’interno di un condominio popolare e l’altra orizzontale a destra in cui è visibile l’ambiente degli edifici della Stasi, il ministero per la sicurezza dello stato. Quest’ultimo era stato per molti anni l’emblema di un controllo capillare e invasivo nella sfera privata dei cittadini, i quali erano costretti a vivere in un clima di terrore e oppressione. La convinzione che ogni famiglia potesse nascondere una potenziale spia giustificava le subdole pratiche di sorveglianza del governo, che nell’opera di Boschini si manifestano nella forma dell’intercettazione delle telefonate private. Nel ciclo di fotografie possiamo vedere diverse postazioni dotate di telefoni, oggetti innocui e inanimati che tuttavia in questo contesto si fanno portatori di un’ideologia che, pur essendo radicata nel passato, permea ancora la nostra quotidianità più di quanto siamo disposti ad ammettere.
Opere in mostra
Dalle residenze
Barbara Mydlak
Polonia
GATES
Installazione site specific
L’artista ha sviluppato l’opera di land art Gates nel corso della sua residenza nella zona del Collio e del confine Goriziano, area che per secoli ha rappresentato una metaforica porta tra l’est e l’ovest dell’Europa. L’installazione prende vita proprio da questa forte connotazione storica e geografica del territorio, che Mydlak ha deciso di materializzare: a Oslavia, nelle vicinanze del sacrario militare, l’artista ha realizzato un cancello in materiale organico utilizzando rami di varie forme e dimensioni raccolti sul luogo.
Quest’imponente varco si inserisce perfettamente nell’ambiente naturale circostante, restituendo quasi l’idea di essere sempre stato lì, a vigilare su tutte le genti che hanno varcato quel confine nel corso dei secoli. L’opera di Barbara Mydlak è il perfetto esempio di valorizzazione territoriale attraverso il mezzo della land art, la quale ha il potere di rendere visibili e tangibili tutti quei sostrati storico- culturali che vivono nella memoria della comunità.
Carmela Cosco
Italia
LUCE AL KYTA
Performance
Carmela Cosco è un’artista multidisciplinare, la cui attività si divide tra scultura, installazione site specific e performance.
L’opera Luce al Kita è il risultato di una residenza intrapresa dall’artista tra maggio e giugno 2020 nell’area dell’Isontino, dove attraverso interviste a storici locali ed attivisti è potuta entrare in contatto con il folklore locale, restando particolarmente affascinata dalla figura mitologica delle Krivapete: queste erano donne indipendenti e libere, che vivevano a contatto con la natura ed erano ritenute avere dei poteri sovrannaturali.
Per la sua performance Cosco ha preso ispirazione dal dipinto Critica a Krivapete presente a Sottovernassino (San Pietro al Natisone), che raffigura una danza ancestrale e liberatoria, in cui le protagoniste ballano attorno a un fuoco nei pressi di una grotta. In particolare l’artista ha ripreso l’atteggiamento di una di queste donne intenta a intrecciare una tradizionale ghirlanda di fiori, il kita, che segnalava l’arrivo della primavera e la fine dell’inverno.
La performance è costituita proprio dalla creazione di un kita realizzato utilizzando delle specie vegetali caratteristiche delle Valli del Natisone, raccolte da Carmela Cosco nel corso della sua residenza. Questo atto per l’artista costituisce un simbolo di pace e speranza, oltre che di liberazione dopo le guerre e le invasioni subite dalla popolazione del Friuli Venezia Giulia.
Alice Mestriner
Italia
Ahead Moslemi
Iran
ALBERO A GOMITI
installazione
Alice Mestriner e Ahad Moslemi hanno effettuato la loro residenza tra dicembre 2019 e febbraio 2020 nella zona del Canal del Ferro – Val Canale, dove hanno potuto effettuare degli studi approfonditi sulla comunità e sulla storia di quest’area, ampiamente documentati in una etnografia d’artista da loro realizzata. A seguito di questa esperienza hanno realizzato l’installazione Albero a Gomiti, un’opera d’arte cinetica che prende il nome da un particolare tipo di macchinario con cui i due artisti sono entrati in contatto nel corso delle loro ricerche, e dal quale sono rimasti particolarmente colpiti.
L’installazione consiste in una piattaforma mobile che grazie a un braccio meccanico rimescola continuamente della terra prelevata personalmente dagli artisti in Austria, Italia e Slovenia, riproducendo simbolicamente il movimento di persone che per secoli si sono spostate tra queste aree, creando così la mescolanza di culture che caratterizza il Friuli Venezia Giulia. I processi linguistici e culturali che sono derivati dalla mobilità di vari gruppi sociali sono stati infatti il focus delle ricerche di Mestriner e Moslemi, i quali piuttosto che concentrarsi sugli scontri derivati dalla condizione di limes hanno preferito valorizzare la dinamica dell’incontro, suggerendo così uno spunto per una cultura della pace e della convivenza.
Nantia Skordopoulou
Grecia
THE WINDOW/EVE AND ADAM
installazione
Nantia Scordioupoulou è un’artista multidisciplinare, la cui poetica è incentrata sul rapporto tra l’essere umano e l’ambiente che lo circonda.
L’opera The Window/Eve and Adam è nata a seguito della sua residenza nella zona della Bassa Friulana, tra Palmanova e Cervignano, dove ha potuto analizzare l’impatto delle invasioni sull’identità delle comunità locali. In seguito alle sue ricerche etnografiche l’artista ha deciso di realizzare un’installazione pubblica di land art costituita da tre pannelli verticali riflettenti, posti in una specifica area del Parco Europa Unita di Cervignano. Il titolo da un lato restituisce l’idea dello specchio come finestra per considerare il paesaggio storico da una diversa prospettiva, dall’altro collega l’opera per il suo formato ai tradizionali dittici raffiguranti Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden.
L’artista tramite questa installazione mira a instaurare un nuovo rapporto tra il parco e il visitatore, il quale scegliendo come posizionarsi di fronte agli specchi può creare una sorta di dipinto personale, prendendo dunque parte attiva nell’opera. Questa forma d’arte partecipativa è stata trasmessa da Nantia Scordioupoulou anche a ragazzi e bambini della zona attraverso delle esperienze laboratoriali patrocinate da Comfort Zone Atelier.
far from fvg
Lang Ea
Listen
Installazione / cemento
La sua storia familiare, che l’ha portata a vivere esperienze traumatiche legate alla caduta del regime cambogiano, ha fatto sì che l’artista sviluppasse una particolare sensibilità per questioni legate alle guerre e allo sradicamento, ma la peculiarità di Lang Ea risiede tuttavia la sua capacità di controbilanciare i temi molto intensi della sua arte con una certa eleganza e leggerezza formale, di cui l’opera esposta è un perfetto esempio.
Listen è composta da venti calchi di teste umane in cemento, che con i loro occhi chiusi e l’assenza delle orecchie rimandano alla spersonalizzazione e all’anonimato subito dalle vittime di tutte le guerre, che in questa installazione trovano il riconoscimento che per anni è stato loro negato. La sua potenza risiede tuttavia non solo nel suo messaggio, ma soprattutto nella sensibilità con cui esso è stato trattato dall’artista: grazie all’espressione meditativa dei volti e al loro candore Lang Ea è infatti riuscita a creare un’opera dal forte impatto visivo, che riesce a coinvolgere emotivamente lo spettatore senza ricorrere alle soluzioni formali grottesche o esplicite che spesso vengono utilizzate in relazione alla tematica della guerra. Listen, pur avendo una volontà di denuncia tra i suoi presupposti, mira in realtà a convogliare un messaggio di speranza, augurando alle vittime di tutte le ingiustizie passate e presenti di poter finalmente ricevere giustizia e riposare in pace.
Appendice
METODOLOGIA
Il processo della residenza si è concluso con la realizzazione di opere d’arte esposte al pubblico e discusse in incontri con artisti ed esperti, occasioni di confronto che portano ad un arricchimento culturale della comunità e ad una maggiore consapevolezza del patrimonio storico condiviso. Come di consuetudine, non sono stati tralasciati inoltre i membri più giovani della cittadinanza, che sono stati coinvolti in laboratori con gli artisti organizzati da Comfort Zone Atelier.
Nella presente mostra le opere realizzate in residenza sono state accostate ad altre provenienti dalla rete internazionale di artisti che collaborano con IoDeposito, in modo da creare un dialogo tra realtà distanti cronologicamente e geograficamente ma accomunate dallo stesso vissuto.
Appendice
Workshop
biografie
Nantia Skordopoulou
Si è specializzata in pittura e scenografia ad Atene e ad oggi è un’artista indipendente con all’attivo due personali in Grecia e numerose collettive in Europa e USA. Con le sue opere mira a stimolare una riflessione autonoma dello spettatore sulle definizioni di genere e sul rapporto tra l’essere umano e lo spazio che lo circonda.
Alice Mestriner
Ahad Moslemi
Ahad Moslemi (1983) è un artista iraniano, toccato personalmente dalle conseguenze della Rivoluzione Islamica del 1979. Si è formato in arti visive tra Teheran e il Quebec e nel 2016 ha partecipato come oratore alla Biennale di Venezia. Da allora vive in Italia, dove collabora con Alice Mestriner.
Alice Mestriner (1994), originaria di Treviso, ha completato la sua formazione artistica laureandosi in Visual Arts and Multimedia presso l’università IUAV di Venezia. Nel 2016 ha potuto partecipare alla Biennale di Venezia in qualità di curatrice del workshop A Continuous State of Time e da quell’anno collabora con Ahad Moslemi.
Questo duo, formato da artisti appartenenti a culture e generazioni diverse, trasforma le differenze in complementarietà, che permettono loro di avere una visione bifocale sulle tematiche di tempo, linguaggio e identità.
Carmela Cosco
Nelle sue opere unisce performance e installazione, con una speciale attenzione all’utilizzo di materiali organici. Le sue opere riflettono sul rapporto tra identità e collettività, sottolineando l’importanza di preservare la memoria con la costruzione di luoghi intimi e personali.