Inaugurazione: sabato 3 novembre, ore 18.00 (aperitivo con gli artisti)
La mostra è visitabile dal 4 novembre al 2 dicembre 2018, martedì, sabato e domenica, dalle 10.30 alle 18.30, presso lo spazio espositivo B#S, in Vicolo Isola di Mezzo 3/5, 31100, Treviso (visite guidate sempre disponibili in loco in queste giornate. Nelle altre giornate della settimana, la mostra è visitabile solo su prenotazione. per informazioni e prenotazioni: info@iodeposito.org / +39 375 5532009)
Trees Remeber Too pone in evidenza il profondo rapporto di connessione che l’uomo ha con la natura e come quest’ultima diventi canale privilegiato per l’espressione di concetti quali memoria e ricordo.
Artisti nazionali ed internazionali, del calibro di Niklaus Manuel Gudel, Boris Beja, Laura Manfredi, Carola Minincleri Colussi, Stefano Zaratin, Ben Bird e Andrea Tessari, tramite le loro opere d’arte contemporanea hanno esplorato quel collegamento simbolico primordiale che sussiste tra l’immagine naturale dell’anello concentrico dell’albero e la memoria umana. Come ogni forma di vita anche l’albero cresce e si evolve, subisce il passare del tempo, uno scorrere incessante che lascia la sua traccia: ogni primavera la nuova corteccia candida cresce ed avvolge la vecchia, più scura, seccatasi durante l’inverno; un nuovo anno viene segnato e così ciclicamente fino alla morte. Come il sasso lanciato nell’acqua produce l’immagine delle onde che si propagano concentriche, così lo stesso disegno si riproduce nella sezione del tronco: una serie alternata di linee imperfette chiuse che si irradiano dallo stesso fulcro. Questa immagine archetipica diventa voce per poter esprimere e descrivere un concetto fluido come quello della memoria. In tale senso si sviluppa Trees Remeber Too: gli artisti, tramite le loro opere, profondamente legate al mondo naturale danno forma concreta alla loro percezione di memoria.
L’installazione Trees Remember Too di Niklaus Manuel Gudel, da cui l’intera mostra trae il titolo, si espande per l’intera sala e immerge il visitatore in un bosco fatto di sezioni di tronchi appartenenti ad alberi dei campi di battaglia della Prima e Seconda Guerra Mondiale: i tronchi portano il segno della storia, sono pervasi dalle tracce della guerra, ma ad essa sono sopravvissuti, diventando custodi di una memoria bellica, e, al contempo, portatori di un messaggio di forza e speranza (nonostante le profonde ferite, l’energia vitale ha prevalso). Memoria, ricordo e natura si legano in una connessione arcaica e viscerale, analizzabile nelle sue forme più intime grazie alla lente e allo sguardo unico dell’artista contemporaneo.
Sottrazione Minima, l’opera di Stefano Zaratin, raccoglie quattro elementi, tre dei quali sono sezioni diverse dello stesso tronco, a cui è stato sottratto un anello: un pezzo di vita di quell’organismo è stato cancellato. La sequenza temporale di vita dell’albero viene così modificata: ancora, il quarto elemento è ottenuto tramite un processo di decostruzione, la segatura degli anelli sottratti compone il calco di una delle precedenti ruote di tronco: gli anelli si vedono ancora, ma sono dati dall’insieme dei precedenti. Zaratin instaura un parallelismo tra la vita del vegetale e la vita umana, l’anello ligneo diventa simbolo del tempo, di parte del tempo che nel suo intero è la vita umana, un pezzo cronologico fatto di ricordi e di memoria.
Laura Manfredi, presenta alcune installazioni ready made del ciclo “fragile” composte da una molteplicità di oggetti che racchiudono in loro un senso di fragilità e frammentarietà cerca di riflettere sul tema della ripetizione e della memoria e l’intrinseco legame tra le due. La riproduzione sistematica di elementi simili, ma non uguali, sempre con un particolare diverso, nelle sue installazioni, rimanda alla quotidianità a quel processo mnemonico tipicamente umano che porta alla selezione di alcuni ricordi rispetto ad altri. Manfredi cerca di indagare questo processo di selezione e associazione, apparentemente arbitrario, che costituisce un legame con il passato sia collettivo, ma soprattutto individuale.
Windy Time, l’opera di Carola Minincleri Colussi è costituita dall’insieme armonico di due elementi: una clessidra di sabbia dorata, rotta, i cui vetri si spargono sopra alla sezione di un vecchio tronco d’albero. L’opera racchiude al suo interno una storia intima e personale, che lega in maniera profonda l’artista con quel “pezzo di legno”, parte dell’unico esemplare arboreo che la Minincleri riuscì a salvare dall’abbattimento di un bosco. L’opera nasce dalla forza ossimorica del vento, in questo caso distruttiva e creatrice al contempo: abbattendosi sulla casa dell’artista, il vento sradicò il vecchio albero sopravvissuto; e rientrata in casa con un pezzo del tronco, l’artista scoprì che il vento aveva fatto esplodere anche la clessidra. Un gesto naturale e istintivo le fa raccogliere quei cocci trasparenti, appoggiandoli sopra alla sezione del pioppo: una genesi inconscia che porta con sé un significato profondo che lega uomo e natura nella memoria (contrapponendo, in qualche modo, il tempo ciclico della natura, rappresentato dagli anelli concentrici, a quel tempo che l’uomo cerca di controllare, con strumenti come orologi e clessidre).
Ben Bird, con la sua serie fotografica 25,000,00 0 m3, affronta uno studio sul paesaggio alterato dall’uomo, in quesi frangenti in cui il paesaggio viene plasmato a conseguenza della violenza: Teufelsberg (detta Devil’s Mountain), un colle situato a sud-ovest di Berlino e circondato dalla foresta, è uno dei punti più alti della capitale tedesca. Questa collina è utilizzata dagli abitanti della città per varie attività ricreative come l’escursionismo, lo sci e il ciclismo. Tuttavia, i suoi dintorni naturali smentiscono le sue origini più oscure: un college militare parzialmente costruito, progettato da Albert Speer, occupava originariamente il sito. All’indomani della seconda guerra mondiale ebbe luogo la ricostruzione delle devastate città tedesche. Più tardi, con la divisione della città, la cima della collina fu la sede di una stazione di ascolto della NSA, ora abbandonata. 25.000.000 di 3m studia non solo la superficie di Teufelsberg e il suo paesaggio, ma anche gli strati della città distrutta dalla quale è stato creato il colle, coperto oggi di alberi. Combinando le immagini della topografia delle colline e del paesaggio circostante, l’artista rivela ciò che gli alberi tengono sepolto sotto la superficie.
I vasi rotti e ricostruiti di Boris Beja ci riportano in una dimensione iconografica che evoca quella dell’albero, per forma e spessore, dimostrando come il cerchio concentrico evochi naturalmente l’incedere del tempo nel materiale anche in manufatti di antropomorfa fattura.
Infine, in sala la proiezione dei filmati che testimoniano la creazione di Memory Trees di Andrea Tessari, la quale nasce ispirandosi alla capacità degli alberi di essere portatori della memoria storica di un territorio, il cui tronco è capace di imprigionare al proprio interno l’incedere del tempo conservando resti materici e residui bellici, quali proiettili, bossoli e armi da fuoco. In Memory Trees ricordi familiari e ricordi di una terra, si uniscono in un’opera che riproduce artificialmente il sistema di conglomerazione naturale: piccoli oggetti incastonati all’interno di una resina naturale e poi innestati nei fusti degli alberi, diventano scrigni naturali di ricordi preziosi; memorie storiche, familiari e personali si intrecciano proponendo nuove riflessioni sul fenomeno della Prima guerra mondiale, indagandone i lasciti e i retaggi alle generazioni che oggi vivono sul territorio.
L’opera di Andrea Tessari, in collaborazione con Giovanna Bressan, è stata create per il progetto B#Side Peripheral Visions, sostenuto da SIAE e MIBAC: nell’arco del talk d’artista, Andrea Tessari mostrerà il video dell’opera e la introdurrà al pubblico, anche nella logica di organizzare una gita di visita (per maggiori info: 348 7768935)