La mostra sarà visitabile dal presso il Castello di Duino, dal 6 luglio 2018, dalle ore 9.30 alle 17.30 (fino al 06.09.2018)
Inaugurazione con gli artisti venerdì 6 luglio, ore 11.00, data nel quale è programmato il primo incontro didattico sul tema della “time-based art” con la partecipazione del prof. Stelios Manganis, di Oxford e Nathalie Vanheule, docente e artista dell’accademia di Poperinge (Belgio).
Dato il numero di posti limitati la prenotazione è obbligatoria, per prenotazioni info@iodeposito.org) / www.bsidewar.org +39 375 5532009
Le rovine hanno in loro un’intrinseca ambivalenza, sono allo stesso tempo vittime e superstiti del tempo distruttore: “le idee che le rovine suscitano in me sono grandiose. Tutto si annienta, tutto perisce, tutto passa. Soltanto il mondo resta. Soltanto il tempo dura […].”, scriveva Diderot, rappresentante di quel Settecento che ha colto più intimamente la poetica delle cose perdute.
Il Settecento in cui Piranesi con le sue stampe diffonde in tutta l’Europa le immagini delle rovine romane, viste come “proiezione figurativa del Sublime dove il piacere estetico è reso più intenso da una bellezza insidiata da presagi di morte” (Ottani Cavina).
É la caducità della bellezza, l’impermanenza delle cose che ha sempre affascinato la mente umana e che attraverso l’iconografia della Vanitas cerca di prefigurare il terrore della morte, soprattutto in periodi di guerra.
Questo stesso linguaggio riaffiora, attraverso media e forme diverse, nelle opere di artisti contemporanei che rielaborano così i lasciti dei conflitti che hanno flagellato l’ultimo secolo. Un secolo segnato da guerre che distrussero con forza anche ciò che sembrava dover sopravvivere all’incedere del tempo, cambiando inesorabilmente il mondo e i ritmi della vita.
L’incessante oscillare della lancetta d’orologio tra due punti fissi, fotografie – ritratti di famiglia con i volti cancellati e abrasi, vasi segnati da crepe, teschi, cenere e fiamme, impronte di ciò che eravamo: sono questi gli elementi che grazie al lavoro degli artisti coinvolti (tra questi Boris Beja, Cosima Montavoci, Joshua Cesa, Giovanna Bressan, Andrea Tessari, Mattia Cesaria, Spela Volcic, e un talk speciale fuori porta con Giorgio Capogrossi) ci permettono di interrogarci sull’impermanenza, la fragilità e la decadenza, nella cornice del Castello di Duino.
Alla grandezza e al lusso di questo castello, è contrapposta la vista delle rovine del Castelvecchio che sorge sulla vicina rupe. Costruire un nuovo castello accanto al vecchio, come per ricordare all’osservatore la sorte dell’uomo e del suo operato, è un memento che definisce la Stimmung percepita in questa fortezza, percepita anche dagli artisti che vi risiedettero (sarà proprio durante il suo soggiorno al Castello di Duino che Reiner Maria Rilke, nel 1912, sulla soglia della prima guerra mondiale, troverà l’ispirazione per le sue Duineser Elegien, ciclo caratterizzato dal tema dell’inconsistenza della vita umana).
Sono tutt’ora la bellezza, la sensibilità e l’arte che cent’anni dopo ci permettono di affrontare e riflettere sugli stessi interrogativi: la morte, il passare del tempo e ciò che rimane dell’attività umana -le rovine-. Similmente al titolo delle sculture di Boris Beja, alla fine del nostro viaggio nell’immaginario delle vanità, ci fanno sospirare “Still Alive”.
Tutti i fine settimana, su prenotazione (info@iodeposito.org +375 553 2009) sono previste visite guidate laboratoriali e talk con artisti, artisti-ricercatori e docenti delle accademia d’arte, sul tema della time-based art, e sul tema dello scorrere del tempo nel materiale artistico. Attendiamo tra i nostri ospiti anche Claudio Borchia (artista-ricercatore, dottorato IUAV), Lorenzo Bordonaro (artista-ricercatore trasferitosi in Portogallo), e Angela Alexander-LLoyd, artista-ricercatrice Irlandese.
Con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia (eventi e manifestazioni sulla Grande Guerra), con il sostegno di Fondazione Carigo