PANOPTICO Sound Art Installation, by Greta Lusoli @ Castello di Duino

25.01.2017 | Eventi e mostre passati

Vernissage: sabato 25 marzo alle ore 11:00, presso il Bunker del Castello di Duinovia Duino 32, 34011, Duino Aurisina

La partecipazione all’inaugurazione è solo su prenotazione, fino al raggiungimento dei posti consentiti: i posti possono essere prenotati sulla B#Side War App, o via email a info@iodeposito.org.

Apertura dell’installazione al pubblico: dal 25.03 – 02.04.17   | dalle 9.30 alle 17.30, chiuso il martedì. 

 

L’opera PAN-ὀπτικός nasce dal tentativo di evocare sonoramente (e ricostruire nella mente dell’uditore) l’architettura di prigione ideata dal filosofo e giurista J. Bentham alla fine del XVIII secolo, nata come proposta atta a rendere più efficienti, economiche e sorvegliabili le carceri.

Questa struttura ideale, che ha sancito il passaggio alla prigione della modernità, fu concepita in modo tale che un singolo sorvegliante, pur rimanendo fermo al centro dell’edificio, fosse in grado di controllare contemporaneamente tutti i detenuti nelle celle sviluppate ad anello attorno allo spazio centrale. Le celle divennero in questo modo trasparenti: la privacy dei prigionieri, la protezione della loro intimità (e dunque della loro identità più profonda) scomparì del tutto, alimentando un pericoloso processo di oggettualizzazione e de-umanizzazione del prigioniero.
L’opera lavora attraverso una stratificazione profonda dei suoi significati, offrendo diversi piani di lettura: sono almeno tre le matrici intrinseche di questo intervento di arte pubblica, così immateriale e invisibile, eppure così complesso.

La prima chiave di lettura, è di carattere sensoriale: per evocare la crudele architettura del PAN-ὀπτικός, Greta Lusoli proietta nello spazio prossemico del fruitore un suono vibrante, profondo, aspro e sgradevole, che evoca segnali d’allarme naturali (è forse corretto dire che questo suono pare la summa dei segnali d’allarme prodotti dal mondo animale, comprendendo anche quel mondo animale primitivo che si è estinto), facendo risuonare nella cassa toracica e nella memoria di chi si avvicina echi universali, archetipici, di primordiale forza.

D’altro canto, la scelta di questa architettura come simbolica di una realtà non vista, non considerata (ma fin troppo comune nella nostra contemporaneità) assurge con evidenza dalla proporzione matematica e concettuale con cui il suono viene reiterato nello spazio: i minuti di un anno sono stati divisi per il numero dei prigionieri che ogni anno, oggi, cadono vittime dei conflitti. Il suono viene emesso infatti ogni 5 minuti e 53 secondi, sottolineando la spaventosa quantità di prigionieri di guerra che ancora oggi perdono la propria libertà nei conflitti armati.

Ancora, una matrice percettiva e metaforica molto importante riguarda la dissociazione delle polarità vedere-essere visti: la vastità dei conflitti nel mondo, pur non potendo essere abbracciata per intero con i nostri occhi, viene percepita chiaramente dalle nostre menti attraverso il suono, ed evocata con forza nelle nostre emozioni attraverso la scelta dei luoghi specifici in cui il suono viene proiettato –e con i quali l’installazione si pone in naturale contiguità, a sottolineare quella loro identità invisibile ad occhi nudo, che coincide il loro portato storico, ancora aleggiante nei luoghi di conflitto come una coltre invisibile ma persistente.
Cento anni fa, l’Europa si configurava come una grande prigione a cielo aperto: quasi quindici milioni di persone vivevano intrappolate nelle inumane carceri di guerra, e altrettante, civili, tra campi di rifugiati e campi d’evacuazione, tra le propria mura domestiche, intrappolate in una realtà di distruzione e di privazione.

Il Castello di Duino, completamente distrutto a causa della vicinanza con il fronte nell’arco del primo conflitto mondiale, fu soggetto ad un susseguirsi di bombardamenti degli alleati sul Monfalcone durante la seconda guerra. Chi si trovava in paese si rifugiava nel grande Bunker, inoltrandosi nella profonda grotta e aspettando al buio che il peggio passasse.

L’installazione sonora, posta nell’ultima sala del sotterraneo, trasporta lo spettatore contemporaneamente in un luogo e in molti altri, confrontando l’essere qui fisico e reale con il là delle vittime e dei prigionieri del conflitto. Il suono aspro e tagliente si eleverà nel bunker del castello, riflettendo quell’antica paura dissolta solo dalla luce di speranza che vi penetra da una ventosa finestra sul mare.

 

In collaborazione con il Gruppo Ermada Flavio Vidonis e con il Castello di Duino

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CASTELLO DUINO
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